di Marco Piervenanzi.

Partiamo dalla fuga di McDonald’s dalla Russia. Come interpretarla? Una prova di forza o una ritirata? Per tutti i vecchi nemici della globalizzazione potrebbe essere una buona notizia. Secondo loro sarebbe in atto un arretramento del capitalismo taylorista e fordista di cui il fast food è stata una delle realizzazioni più efficaci e abominevoli.

Per altri, forse, è solo una scelta politica atta a ribadire la rottura tra il modello Usa e la Russia.

Ora però ragioniamo su qualche particolare. L’Occidente che ama il panino a stelle e strisce è “carnista” come quel modello di uomo tradizionale ostile alle tematiche LGBT+ che piace tanto a Putin e che rappresenterebbe il mito dell’arcaico non deviato dalla corruzione del globalismo omologante. Il mondo si divide ma resta una costante trasversale: lo sfruttamento degli animali non umani.

Gli animali non umani continuano a essere considerati prodotti da mangiare al di là di ogni ideologia e il modo di massacrarli sistematicamente differisce eventualmente di poco a prescindere da ogni avanzamento dei diritti di noi umani.

Ora vi chiederete perché ho ritenuto importante parlare della fuga dell’hamburger da Mosca.

Ve lo dico subito. Durante il regno del COVID abbiamo avuto modo di ragionare sul Great Reset, quel sospetto di esistenza di poteri forti e globali che starebbero riorganizzando il mondo.

Alcuni sovranisti sono arrivati a sostenere che l’idea di cancellare dai menu del pianeta la sofferenza degli animali sarebbe un complotto massonico atto a mettere in crisi le tradizioni e le culture in cambio di un culto green (la cui urgenza viene da loro negata).

Eppure le cose non stanno così.

Se davvero esiste, il Great Reset non ha per ora in agenda come principale obiettivo la fine del “carnismo” per far cessare il dolore degli schiavi fatti a pezzi nella catena di smontaggio.

Il Great Reset, se esiste, non è in grado a oggi di modificare le scelte alimentari del mondo e non arriva ancora a pensare alla “femminilizzazione” del pianeta con la dieta vegetale che costituisce l’illazione più forte del sovranismo machista perché sia chiaro che al momento nessun corpo sociale, nessuna minoranza, nessuna comunità interna alla nostra società ha preso le distanze in modo netto dal carnismo.

Gli scenari potrebbero essere altri e ne riparleremo tra qualche mese, appena si vedranno gli effetti imminenti delle crisi energetiche e alimentari.