di Andrea Festa.

[ATTENZIONE: SPOILER LUNGO TUTTO L’ARTICOLO! SPOILER!! SPOILER!!!]

Dicono che mia madre fosse pazza

La frase risuona potente, come l’ultima pronunciata dal supercriminale Kraven nemico di Spider-Man che dà titolo a L’ultima caccia di Kraven, prima di togliersi la vita. Nobile gesto, per un cacciatore, anzi il cacciatore, quello di suicidarsi – cacciando se stesso come in un ripiegamento masochistico – sappiamo tutti che l’algolagnia è più grave del sadismo, perché è la pulsione, la coazione a infliggere dolore applicata a se medesimo). Dopo naturalmente aver vinto e seppellito, letteralmente, l’Uomo Ragno.

Tema ripreso magistralmente da The Batman, la cui madre, Martha Wayne, era – si illustra – pazza.

Ma ne L’ultima caccia c’è un colpo di scena clamoroso: il Ragno non è morto, si desta dalla tomba, Kraven l’aveva solo paralizzato temporaneamente. Perché far risorgere Spider-Man? “Io non so perché mi salvò la vita, forse in quegli ultimi momenti amava la vita più di quanto l’avesse mai amata… non solo la sua vita: la vita di chiunque, la mia vita…” come nella voce fuori campo di Deckard, sparita ormai da tempo da tutte le versioni moderne di Blade Runner.

Da qui volgiamo l’attenzione al cinematografico ultimo Spider-Man: No Way Home, con la sua tesi che la criminalità sia una malattia, follia dalla quale poter guarire (e non come in Bataille ova la malavita, i re possono sottrarsi alla ragione1, ma anche in Deleuze e ovviamente in Foucault), e di qui all’ultimo The Batman con il personaggio di Carmine Falcone che incarna entrambi – è un criminale mafioso ma anche il sindaco de facto di una Gotham City ultradark e piovosa pià della Los Angeles di Blade Runner. Città, Gotham, inquadrata con una fotografia che celebra un’estetica della solitudine alla E. Hopper con palette di soli colori smorti, però. La solitudine è affare di famiglia, sembra dire il film. Solo è Batman, sola Selina/Catwoman, solo Edward/l’Enigmista.

Allora, se criminalità e superpoteri fanno il paio con la pazzia, supercriminali (e supereroi) sono incapaci di intendere e di volere, dal che la loro irresponsabilità.

Ma non si può dire. Si può infatti parlare di Batman senza parlare dell’Arkham Asylum ove vengono orribilmente rinchiusi i supervillains dopo ogni immancabile sconfitta?

Nessuno invece si premura di curare Bruce Wayne dalla follia che lo agita (tanto più in alcune versioni nelle quali si ritene responsabile della morte dei propri genitori), quella di elaborare il suo lutto indossando un costume oscuro – abito funerario – la cui effigie sul petto, di un pipistrello stilizzato, si confonde con un macabro sorriso ovvero – nell’ultimo lavoro cinematografico – con la pistola che ammazzò i suoi genitori; e così bardato dare senza posa la caccia ad altri pazzi come lui, violenti, il tutto senza armi da fuoco – per le quali ha una (comprensibile) fobia?

Lasciato a se stesso con un Alfred che fa le veci – anche in the Batman – del padre, ineffettivo e inefficace nel provare a contenerne gli eccessi vendicativi. Che si trasformeranno, è questo il senso del film, in una mirabile crescita interiore del personaggio.

Importa che Bruce/Batman capisca che lui no, non è vendetta, ma giustizia, anzi che si cali, letteralmente, nel disagio, nell’agone sociale: ciò che l’Enigmista gli aveva contestato nella notevole conversazione all’Arkham Asylum, di essere un orfano ricco, che non scende dalla sua bella torre (un grattacielo di Horkheimer?), lui lo accetta e applica, salvando vite e non più soltanto menando i cattivi: lasciamo allora ai primitivi Vendicatori (Avengers) il compito di combattere, nei film, l’ineluttabilittà del Thanos, personificazione della tetra equità della morte (cf. La passacaglia della vita attribuita, sembra incorrettamente, a S. Landi2); e forse – sacrilegio – ai film di vendetta di S. Leone (cfr. gli indimenticabili Per qualche dollaro in più, C’era una volta il West e C’era una volta in America).

E la giustizia da giustiziere demandiamola a Charles Bronson (e poi Bruce Willis) (ne Il giustiziere della notteDeath Wish”, desiderio di morte o di morire…) ma torniamo allora al cacciatore Kraven e all’unica scelta sensata in una vita fatta solo di sopraffazione, angoscia delle prede inseguite, morte…

E se la vita è un enigma, non disveliamolo, perché “La realtà cosmica è vita e morte, creazione e distruzione, saggezza e follia: non ha senso chiederle un senso. La risposta è l’assunzione del mistero”.3

Perché si sa – come pure ricordato in un memorabile numero di Tex – il 228, La piramide misteriosa – il mistero di Iside deve rimanere tale, ed ella restare velata…

Si menziona infine che i due recentissimi film – di Spider-Man e di Batman – sono unificati anche dalle rispettive poderose, tenebrose musiche di M. Giacchino, con doppio passaporto statunitense e italiano, e cittadino onorario di Caccamo (PA).4

(L’immagine è mia)

1 G. Bataille, L’erotismo, Mondadori, 1969;

2 it.wikipedia.org/wiki/Stefano_Landi#Attribuzione_spuria_del_brano_Passacaglia_della_vita ;

3 A. Caracciolo, Leopardi e il nichilismo, Bompiani, 1994;

4 Vd. Wikipedia versione italiana alla voce Michael Giacchino.