di Andrea Festa.
“…in due parole eccomi, uccidetemi o prendetemi come sono, perché non cambierò.”
Les Journées de Florbelle ou la nature dévoilé di D.A.F. de Sade, nell’intenzione dell’autore, sarebbe stato il suo più celebre romanzo. Peccato che fu sequestrato il 5 giugno 1807 e bruciato sette anni più tardi dalla polizia alla presenza del figlio maggiore di questo celebre scrittore libertino, poco dopo la sua morte. Questo sappiamo di quest’opera immensa, nel senso di ponderosa, tranne quanto contenuto in sparsi appunti su quaderni battuti all’asta e aggiudicati di recente per alto prezzo.
Perché – come noto – per buona parte della sua vita fu incarcerato: dopo essere stato prigioniero a Vincennes lo fu alla Bastiglia, e nel corso della celebre Presa, che secondo Sade aveva provocato lui stesso gridando dalla finestra che lì si sgozzavano i prigionieri – circostanza inveritiera – perse il manoscritto de Le 120 giornate di Sodoma, che credette per sempre distrutto e fu invece salvato fortunosamente e dato alle stampe solo all’inizio del XX secolo per divenire famoso, i casi della vita, altresì per la trasposizione cinematografica di P.P. Pasolini sotto il titolo Salò o le 120 giornate di Sodoma ambientata nella Repubblica Sociale Italiana. Pasolini peraltro meriterebbe certamente riflessioni a parte sulla sua vicenda personale e artistica di intellettuale scomodo, votato ad una fine iniqua e violenta come violente sono le sue opere. Ma tornando a Sade, questi passò infine al manicomio di Charenton ove rimase sino alla fine dei suoi giorni, e lì anche veniva fatto – appunto – oggetto di perquisizioni e attenzioni varie da parte delle autorità, sembra anche su ordine di Napoleone Bonaparte che lo odiava.
Sade era immorale, ateo, un pornografo che descriveva orrende torture, stragi in cui sguazzavano i suoi personaggi, uno scrittore maledetto che ha legato il suo nome alla perversione che fa trarre piacere sessuale nell’infliggere dolore. Anche se avverte Sade: “Sì, sono un libertino, lo riconosco: ho concepito tutto ciò che si può concepire in questo ambito, ma non ho certamente fatto tutto ciò che ho concepito e non lo farò certamente mai. Sono un libertino, ma non sono un criminale né un assassino”1
Quindi, a parte le orride cronache dei delitti sessuali ad opera dei serial killer (termine coniato negli anni 70 e reso popolare dalle opere dello scrittore T. Harris, specie Red Dragon (Il delitto della terza luna, che introduce la figura spaventosa di H. Lecter) e The Silence of the Lambs (Il silenzio degli innocenti), oggi il sadismo viene ritualizzato nei rapporti cosiddetti di dominance and submission o sadomaso ove ci sono dei soggetti che – specularmente ai sadici – provano piacere nell’algolagnia o masochismo (termine derivato da L. von Sacher-Masoch che nelle sue opere descrisse appunto questa perversione), per creare delle coppie apparentemente perfette in nome del dolore.
Ma ciò che interessa qui, la censura che dovette sperimentare nell’espressione del suo pensiero, la perdita e distruzione delle sue opere, sono accettabili?
Chi scrive propende per la negativa. La questione è già stata posta – qui su R-evolver – da Marco Piervenanzi nel suo articolo La bacchetta scomoda. Oggi, sempre in tristi tempi di guerra, ci si è messa anche l’informazione mainstream (mainstream dalla penna rossa, verrebbe da scrivere), e ci può stare purtroppo anche Wikipedia.org edizione italiana, a esercitare l’ostracismo nei confronti di chi spalmato sulla narrazione ufficiale non è.
A mero titolo di esempio uno studioso non allineato con i canali ufficiali, A. Orsini, docente della nota università privata LUISS Guido Carli di Roma e noto esperto di terrorismo (“…è direttore e fondatore dell’Osservatorio sulla Sicurezza Internazionale della LUISS e del quotidiano Sicurezza Internazionale. È professore associato nel Dipartimento di Scienze Politiche della Luiss dove insegna Sociologia generale e Sociology of Terrorism”, si legge nelle pagine del detto ateneo capitolino), si è visto revocare un contratto con la televisione di Stato e chiudere la pagina Wikipedia che lo riguardava.
Accusato tra le righe, infame e infamante accusa, d’essere al soldo del “dittatore” russo, visto quest’ultimo e descritto variamente come novello Hitler/Stalin ecc. ecc.
In infernale contrappasso con quanto accaduto a virologi e cosiddetti esperti di Covid-19 che hanno come ognun sa propalato talora informazioni che si sono poi rivelate discutibili (“coi vaccini saremo fuori dall’emergenza in quindici giorni”), si potrebbe dire che abbiano detto di tutto e di più senza fornire sotto diversi aspetti un’informazione equilibrata. Informazione che il pubblico ha dovuto ricevere, accettare, digerire senza alcuna possibilità di critica, avendo come alternativa quella di esser bollato come complottista, no vax/mask/green pass.
E ciò, detto con la massima serenità: visto che a R-evolver non siamo affatto ascrivibili a queste categorie, non belligeranti come siamo per definizione.
Ma proseguiamo. C’è una battuta:
– “Come va in Italia?”
– “Non ci possiamo lamentare.”
– “Dunque va bene.”
– “No! Non ci possiamo lamentare.”
È questa una freddura, triste e arguta dei tempi della pandemia del XXI secolo.
Corrisponde a verità?
Forse sì. Come abbiamo un’economia di guerra, di una guerra non dichiarata dalle Camere riunite ma decisa da un potere governativo sovrastante (se ne sono accorti ormai in tanti), abbiamo anche un’informazione di guerra, totalmente schierata, intollerante verso il pluralismo, partigiana di una parte predeterminata in maniera verticistica. Le analogie con quanto accadde alla vigilia e durante le prime fasi della Grande guerra (poi Prima guerra mondiale) sono parecchie. Lì la Corona di concerto col governo tradì vergognosamente i patti con gli alleati e la fiducia degli Italiani che mandò a morire a centinaia di migliaia nelle trincee o fucilati in caso di diserzione. Qui un potere totalmente inadatto a comprendere le istanze dei poveri, i diseredati, ma anche di una classe media che si è vista requisire la propria dignità in nome di una consentaneità per i megagruppi industriali e del terziario, per il sistema imperialista delle multinazionali come dicevano alcuni negli anni cosiddetti di piombo.
Non si sta facendo l’endorsement di entità extraparlamentari, o peggio. Semplicemente si vuol far notare come il lignaggio e il linguaggio violenti della censura portino a una violenza di rimbalzo, verbale e – si spera – non agìta. Quella fisica, tanto, la riserviamo ai diseredati del mondo, agli individui che sono alla base del grattacielo di Horkheimer – quello stesso che ai piani più alti assicura effettivamente una bella vista sul cielo stellato – al mattatoio perenne ed eterna Treblinka della cantina. Ci assicurano che alcune delle più grandi realtà imprenditoriali al mondo sono nate in cantine e garage, ma le loro torri luccicanti celano realtà fatte di sopraffazione, soverchierie, posizioni privilegiate sul cielo stellato.
E la censura del potere è l’arma con la quale lo status viene mantenuto e manutenuto, nel senso che si fa un tagliando ai cittadini, ai sottoposti, agli “inferiori” per dirla alla P. Villaggio del ciclo di Fantozzi, e ci si assicura che aumenti spropositati e ingiustificati di merci alimentari, carburanti e ed energia, le notizie più strampalate passate per oro colato, garantiscano lo status quo.
E una parte belligerante che vien fatta passare per eroica, tacendo di anni di bombardamenti, battaglioni di estremissima destra, minimizzando stragi e quant’altro.
Non nel senso che l’altra parte abbia ragione, tutt’altro. Ma l’epurazione delle notizie è sintomo inquietante di tempi affatto felici.
Ciò che, tornando in full circle al principio, avrebbe probabilmente fatto inorridire persino l’ultrà libertino Sade.
Qualche scampolo ancora sul marchese divino, in chiusura: S. de Beauvoir nel suo Dobbiamo bruciare Sade? riconosceva in lui un filosofo radicale della libertà e G. Apollinaire, che lo imitò ne Le undicimila verghe, lo definì come lo spirito più libero mai esistito.2
Ecco. Chiediamoci non se siamo felici, ma ancor prima: oggi siamo liberi?
Il trono di Sade, il suo testamento tradito, l’impero delle libertà denegate.
1 D.A.F. Sade, Lettera alla moglie del 20 febbraio 1791.
2 Per quest’ultima parte e in generale per le notizie biografiche e le citazioni di Sade mi sono liberamente servito di it.wikipedia.org, voce Marchese de Sade.
(L’immagine, ad opera di C.A.P. van Loo, è l’unica nota che raffiguri Sade. Da commons.wikimedia.org)