di Rita Ciatti.
Torno a parlare di guerra e lo faccio ancora una volta da una prospettiva insolita. Non quella di chi combatte sui fronti opposti, dei soldati dell’esercito, dell’aviazione, della marina militare o dei capi di Stato, ma delle tante donne coinvolte loro malgrado.
In questi giorni abbiamo visto e letto di storie strazianti, donne in fuga con i loro bambini, madri che temono per i loro figli chiamati a combattere, storie simili a quelle di altre donne costrette a lasciare il loro paese altrimenti verrebbero uccise da governi dittatoriali o perché diventerebbero “bottino di guerra” degli occupanti; storie di donne imbarcate sui gommoni e morte durante il viaggio, o sopravvissute a stupri; storie di donne vittime di tratta, fatte arrivare nel nostro paese dopo aver pagato tutto quello che possedevano e poi gettate in strada dietro il ricatto e le minacce di morte alla loro famiglia, a loro stesse.
In tutto queste storie è facile trovare un comune denominatore: dagli stupri etnici, alla loro riduzione in semplice “bottino di guerra” degli eserciti nemici, al commercio sessuale, i corpi delle donne sono sempre stati alla mercè del potere maschile.
Ancora oggi.
Negli ultimi giorni è emerso il seguente risultato in rete: le donne ucraine sono la ricerca di tendenza su PornHub.
I commenti e le battutine sui social, e non solo, di molti uomini sulla disponibilità ad accogliere “le belle ragazze ucraine” sono altresì un dato rilevante e persino il giornalista Antonio Di Bella, durante un fuori onda, si è lasciato sfuggire il termine “amanti” riferito alle donne ucraine presenti nel nostro paese.
Evidentemente per molti uomini la tragedia di queste donne in fuga dai loro paesi diventa secondaria rispetto al dato della loro avvenenza fisica. Si verifica quindi un fenomeno molto comune: la riduzione di una persona a oggetto sessuale o comunque oggetto di desiderio sessuale. Le donne in difficoltà economica subiscono da sempre il ricatto economico che esige in cambio prestazioni sessuali e come abbiamo visto con il movimento MeToo il fenomeno avviene anche in ambito lavorativo.
La cronaca ci ha raccontato e continua a raccontarci della tragica realtà delle ragazze ucraine vittime di tratta, costrette a prostituirsi in strada o schiavizzate nei bordelli e appartamenti gestiti da organizzazioni criminali. Nel 2016, in seguito a un’indagine, fu denunciata un’organizzazione criminale che agiva in Piemonte.
Gli uomini che comprano sesso a pagamento fingono di credere che la prostituzione sia una libera scelta non dettata da necessità o da costrizione dietro ricatti e minacce.
Per inciso, esiste una percentuale davvero minima di donne che sceglie di prostituirsi, ma parliamo di condizioni e modalità del tutto diverse.
Dubito che una ragazza, se potesse davvero scegliere, trascorrerebbe le sue notti in strada nell’attesa di salire in auto di sconosciuti, con tutto il pericolo che questo comporta, per poche decine di euro e dovendo peraltro consegnare il grosso della somma ai loro papponi.
La soluzione per risolvere la tratta delle schiave del sesso, tuttavia, non può essere quella di legalizzare i bordelli – fallimentare, come abbiamo visto in Germania, Svizzera e altri paesi, dal punto di vista del rispetto dei fondamentali diritti umani delle donne poiché legalizzare l’acquisto dei loro corpi da parte degli uomini continua a rafforzare, normalizzare, naturalizzare la pratica di sfruttamento patriarcale più antica che ci sia e in definitiva l’idea che i corpi delle donne esistano per soddisfare i desideri sessuali degli uomini – bensì l’approvazione di un pacchetto di leggi sul modello nordico in grado di offrire alle donne prostituite una reale possibilità di riscatto e di fuoriuscita dal sistema prostituente (corsi di formazione professionale, sostegno economico, accoglienza, integrazione ecc.) insieme al deterrente di sanzioni economiche ai clienti (per approfondire consiglio di seguire il lavoro dell’associazione Resistenza Femminista).
Ho voluto menzionare le donne ucraine per via della tragica situazione attuale, ma ovviamente il discorso riguarda tutte le donne. Nei bordelli regolamentati le ragazze offerte sul mercato sono suddivise per etnia: le Ucraine, o ragazze dell’est in generale, le Nigeriane o ragazze dalla pelle scura in generale, le Cinesi, le Filippine o ragazze orientali in generale. Queste terribili etichettature e tremende generalizzazioni non le faccio io, ma si trovano sui “menù” che vengono offerti ai clienti, magari insieme a una birra e a un hamburger1
insieme a recensioni sulle loro prestazioni. Per farsi un’idea del modo in cui certi uomini (troppi uomini!) considerano le donne suggerisco di andare a dare un’occhiata a queste recensioni.
L’abitudine di giudicare I corpi delle donne in base alla loro appetibilità sessuale comunque è pratica diffusa anche tra gli uomini che non comprano sesso a pagamento. Nel momento in cui si giudica una persona non nella sua totalità, ma separandone parti del corpo si compie la sua oggettificazione.
I corpi delle donne non sono sempre stati soltanto oggetto sessuale, ma anche oggetti di possesso maschile in senso esteso. Possesso che spesso viene rivendicato con rabbia e violenza.
Un’occhiata ai fatti di cronaca degli ultimi giorni nel nostro paese ci dice infatti che nelle ultime 48 ore ci sono stati ben due femminicidi. Le statistiche ci dicono che ogni tre giorni viene commesso un femminicidio2; sommato agli stupri, alle molestie, alle aggressioni, alla violenza domestica il quadro che ne vien fuori non è per niente rassicurante.
Tutto questo mi riporta al titolo: le donne e la guerra. Loro malgrado.
Analogamente a quanto ho scritto riguardo gli altri animali, noi donne siamo sempre in guerra, anche in tempi di relativa pace.
Abbiamo combattutto per avere due stracci di diritti sulla carta, ma siamo ancora ben lontane da un trattamento equo e dal riconoscimento di persone con un valore non riducibile all’avvenenza o disponibilità sessuale.
I nostri corpi sono ancora merce di scambio, ancora oggetto di predazione di molti, troppi uomini (uso questo termine, predazione, a sproposito, in quanto per gli animali veramente carnivori la predazione è necessità e non una pratica culturale come invece lo è la mercificazione sessuale), ancora oggetto di odio e violenza quando cerchiamo di liberarci da compagni, mariti, fidanzati gelosi, violenti e possessivi e siamo ancora oggettificati sessualmente nella realtà e nei media (pubblicità, film, internet).
Le donne vittime di violenza domestica vivono situazioni analoghe a quelle dei paesi in guerra: devono prendere decisioni difficile, angoscianti, lasciare il comfort della casa e di tutti i loro beni personali per sopravvivere, evitando di diventare l’ennesima vittima di femminicidio. Esistono fortunatamente i centri antiviolenza che possono dare alloggio e vitto, ma i posti sono limitati e quasi sempre in questi luoghi non è consentito portare con sé i compagni di vita non umani (cani, gatti o altri animali). Comunque sia rimangono situazioni di emergenza che procurano disagi fisici e psicologici e certamente è sempre meglio che finire ammazzate, ma non c’è nemmeno questa certezza, dal momento che, nel nostro paese almeno, gli uomini denunciati per stalker e minacce continuano a restare a piede libero; per non parlare dell’ingiustizia della legge sulla PAS (dall’inglese: Sindrome di Alienazione Parentale) che in alcuni casi, paradossalmente, si è ritorta contro le donne che hanno “osato” denunciare, portandogli via i figli e affidandoli al padre violento. Il patriarcato continua a esprimere il proprio Potere nei Tribunale e attraverso le Istituzioni.
In tempi di guerra il governo dichiara emana una serie di provvedimenti cautelativi, tra cui il coprifuoco.
Noi donne il coprifuoco lo rispettiamo da sempre, considerando che: abbiamo paura di uscire la sera (ma in certi quartieri anche di giorno) o di rientrare a casa dopo una serata. Certo, non in tutti i quartieri, non in tutti i posti, ma ancora in tanti, troppi.
Non ci sentiamo al sicuro e molte di noi non si sentono al sicuro nemmeno nel luogo dove maggiormente dovrebbero esserlo: dentro casa.
Violenze domestiche, femminicidi, stupri, molestie sessuali, abusi psicologi, tratta di schiave del sesso, oggettificazione sessuale.
Anche questa è guerra.
(Immagine di Andrea Festa)
1 (Dello sfruttamento dei corpi delle donne e corpi degli altri animali, o meglio di come i corpi delle donne vengano assimilate a quelli degli animali, insieme oppositivo ontologico degradato per convinzione, credenze e cultura specista, ho parlato brevemente anche nel mio libro “Ma le pecore sognano lame elettriche?” edito da Marco Saya Edizioni).
2 Le dinamiche dei femminicidi sono cosa nota: costituiscono il culmine di un’escalation di violenza, atti intimidatori, persecuzione, minacce che possono durare anche anni. Purtroppo anche se questi atti vengono regolarmente denunciati si arriva al massimo all’allontanamento dell’aggressore, che però continua a restare a piede libero e quindi ha modo e tempo di organizzarsi per agire e sferrare l’attacco finale. Non di rado nella sua violenza femminicida coinvolge anche i figli o parenti della vittima.