di Rita Ciatti.

Come tutti, ho passato gli ultimi due giorni a documentarmi sull’invasione russa in Ucraina.

Le immagini e testimonianze che più colpiscono sono quelle degli sfollati, dei feriti, delle persone comuni – comuni come me, come voi che state leggendo – che hanno visto irrompere nel loro quotidiano una tragedia immensa. Molti Ucraini che abitano nelle zone colpite dai missili o nelle vicinanze si sono messi in viaggio per raggiungere la Polonia. Le immagini televisive e le foto sui giornali mostrano file di auto lunghissime e anche gruppi di persone che si incamminano a piedi. Hanno abbandonato tutto per mettersi in salvo.

Sono eventi scioccanti che ci toccano da vicino perché riusciamo a immedesimarci con le loro storie, con il loro vissuto. Perché sono esseri umani come noi.

Ci sono però altre immagini, altre storie che non vengono narrate e che, se anche lo fossero, susciterebbero l’empatia di pochi: sono quelle degli animali. Di altri esseri viventi senzienti, ma diversi da noi e che abbiamo imparato a considerare inferiori a noi, quindi con un valore ontologico irrisorio oppure quantificabile soltanto in termini di profitto.

Già mi immagino l’obiezione: in un momento come questo in cui ci sono persone umane che hanno perso casa, lavoro e ogni punto di riferimento, ti metti a parlare degli animali?

Ebbene sì. Parlo degli animali non umani perché sono individui senzienti, intelligenti, con emozioni, sentimenti, legami, affetti, abitudini. E perché pochi lo faranno.

Mi ha colpito lo sfondo di una scena vista in tv, durante uno dei tanti Tg: un cane vaga tra le macerie di una casa. Ha la coda e le orecchie basse, trema, rovista tra le pietre cercando qualcosa o qualcuno, lo sguardo impaurito.

Mi sono chiesta: di chi è? Avrà avuto una famiglia o era uno dei tanti randagi, magari uno dei sopravvissuti alla strage voluta dal governo ucraino durante gli Europei di calcio del 2009 (e di questo parlerò tra poche righe)? Che fine farà questo cane che rovista tra le macerie?

Altre immagini scorrono tra le news, quelle degli sfollati che non hanno abbandonato i loro cani o i loro gatti perché sono parte della famiglia. Questi ultimi sicuramente vivranno lo stesso disagio, sconforto, paura, timore (immaginate lo spavento provocato dal rumore dei missili che esplodono) dei loro stessi compagni umani, ma almeno continueranno ad avere qualcuno che li accudisce, che se ne prende cura o che almeno ci proverà.

Ma qual è il costo della guerra per tutti gli altri, per le specie selvatiche, gli uccelli che fuggono terrorizzati dai botti lasciando nidi e piccoli, per quelle allevate e sfruttate, per i randagi? Per i feriti. Qualcuno curerà gli animali feriti dalle bombe?

Le prime due regioni dell’Ucraina che sono state invase dalla Russia sono molto povere. Lì le persone allevano mucche, galline, conigli per poi usarli e mangiarli. Questi animali sono quindi considerati risorse economiche, alimentari, sono beni, oggetti. Gli sfollati che hanno dovuto abbandonare le case e le cose che possedevano, hanno abbandonato anche loro. Perché sono oggetti e una situazione di emergenza gli oggetti si lasciano.

I cosiddetti animali da reddito hanno un valore ontologico di parecchio inferiore rispetto al nostro. Nessuno piangerà la gallina abbandonate nell’aia o i conigli dentro le gabbie.

Sono animali che sarebbero stati uccisi comunque. Eppure sono esseri senzienti che provano paura, emozioni, che hanno esperienza del mondo.

Il legame degli animali non umani con la guerra ha radici antichissime, esattamente quanto quelle del loro sfruttamento e assoggettamento al dominio umano.

In particolare cavalli, asini, muli venivano trascinati nei combattimenti e, oltre ad aver subito la pratica della domesticazione, che è sempre una pratica di sottomissione violenta, venivano costretti a combattere insieme ai loro cavalieri. Feriti, uccisi, lasciati agonizzanti sul campo, usati fino a che erano in grado di fare quello per cui erano stati allevati: servire da macchine per spostarsi, per viaggiare e appunto per combattere.

Ma questa è una visione superficiale delle cose. La verità è che gli altri animali sono sempre in guerra. Loro malgrado.

Sono individui chiamati a resistere ogni secondo della loro vita. Alcuni, pochi, si ribellano, gettandosi dai tir che li conducono al mattatoio, anche, ma tutti gli altri soccombono di fronte a forze sproporzionate.

L’uso della tecnologia ha reso la vita più facile per noi umani (e più dipendente dalle risorse energetiche!), ma ha peggiorato, rendendola letteralmente un inferno, quella degli altri animali. Basti pensare alla meccanicizzazione dei mattatoi, agli allevamenti intensivi, alla ricerca medica e pura.

Sono schiavi che vengono deportati nei mattatoi. Sono schiavi tenuti prigionieri nei laboratori dove si pratica la vivisezione. Sono schiavi usati e consumati per essere trasformati in ogni genere di prodotto: alimentare, di vestiario, per la casa, per altre attività.

Sono macchine da cavalcare. Sono individui da osservare dietro le sbarre di qualche zoo o dentro un tendone da circo.

Abbiamo dichiarato guerra agli animali tantissimo tempo fa. Li inseguiamo nei boschi per cacciarli, li staniamo, gli sottraiamo i cuccioli; li intrappoliamo nelle gabbie, li arpioniamo dalle navi, li catturiamo con le reti nei mari, nei laghi, nei fiumi. Gli spariamo. Li facciamo a pezzi.

Li costringiamo a combattere, per difendersi, dentro le arene e in spettacoli di tradizioni barbare, ma non prima di averli resi vulnerabili e inermi.

Gli bruciamo boschi e foreste costringendoli a una fuga senza fine o a morire tra le fiamme.

Li scacciamo. Li vogliamo lontani dai nostri spazi, che non erano nostri, erano colline, prati, boschi, montagne, acque dove ci vivevano liberi.

Occupiamo i loro habitat e quelli che incontriamo li uccidiamo o li catturiamo per usarli in qualche modo e trarne profitto.

La guerra contro gli animali è la guerra più spietata che la nostra specie abbia mai combattuto. È sistematica e sistemica. È una guerra ad armi impari e per la prima volta ci vede tutti alleati.

Se c’è un’ideologia che mette d’accordo tutti è quella chiamata specismo. Cioè quella che legittima, legalizza, normalizza e naturalizza il dominio e l’oppressione degli animali umani.

Questa in Ucraina per gli altri animali in fondo non è che una delle tante guerre e forse, almeno per alcune specie, nemmeno tra le peggiori perché magari, abbandonati a loro stessi, potrebbero pure salvarsi.

A Chernobyl, dopo il disastro nucleare e dopo l’abbandono degli umani di quelle zone, la fauna locale si è ripopolata e si sono formati branchi selvatici di bovini e di lupi. Animali che ora vivono liberamente, cioè liberati dall’occupazione dell’umano. Così come durante il lockdown dovuto alla pandemia abbiamo visto animali riappropiarsi di spazi verdi, boschi, parchi senza essere disturbati dagli umani.

Dal punto di vista degli animali le guerre sono eventi in cui potrebbero morire, come gli umani, ma in cui, paradossalmente, potrebbero anche trovare l’opportunità di liberarsi dal nostro dominio.

Ammettiamolo: noi nei confronti degli animali siamo i peggiori oppressori che mai si siano visti.

E questo dovrebbe darci qualcosa su cui riflettere.

C’è ancora un pensiero che vorrei esprimere e che solo apparentemente esula dal tema degli animali umani. In realtà lo riguarda profondamente, radicalmente.

Ci stiamo chiedendo i motivi di questa guerra, se poteva essere evitata e le conseguenze non solo per gli abitanti ucraini, ma anche per il nostro paese.

La NATO ha dichiarato che metterà in atto delle pesanti sanzioni amministrative nei confronti della Russia per dissuaderla dal continuare la guerra.

De Luca, il governatore della regione Campania, ha ribadito la necessità per il nostro paese di rendersi autonomo energeticamente.

Ma cosa significa rendersi autonomi energeticamente?

Questo mi porta a riflettere sul ruolo che la nostra specie ha sempre esercitato nei confronti della terra, delle sue risorse, energetiche e non solo, e dei suoi abitanti non umani. Un ruolo di totale dominio e accapparamento delle risorse.

Usiamo gli altri animali come se fossero oggetti inanimati, di fatto trasformandoli in prodotti, in materia da consumare; usiamo le risorse della terra al di là delle sue possibilità, di fatto depauperando territori coltivabili, foreste, oceani, fiumi, inquinando e devastando. Occupiamo Stati per entrare in possesso delle sue risorse energetiche o facciamo guerre per evitare espansioni tattiche e mantenere il controllo in determinate aree.

La pandemia ci ha mostrato gli effetti delle zoonosi, cioè di quei virus che fanno il salto di specie in ambienti sovraffollati in cui animali, che sono stati ammassati per essere usati, entrano poi a contatto con gli esseri umani.

La pandemia non solo non ci ha fatto riflettere, ma anzi, sono stati allevati, torturati e uccisi ancora più animali per la ricerca medica di un vaccino.

Chissà che magari non ci faccia riflettere questa guerra, dal momento che ci chiama in causa con le nostre abitudini di paesi occidentali privilegati.

Forse una stretta sui consumi dovuta al rialzo dei prezzi ci suggerirà nuovi scenari antropologici.

Abbiamo visto che la pandemia ci ha costretti, nel giro di poche settimane, letteralmente da un giorno all’altro, a escogitare nuovi modi di lavorare e vivere.

Perché non possiamo allora cambiare il modo di abitare il pianeta e di relazionarci con gli altri viventi?

In chiusura, vorrei menzionare ed esprimere solidarietà a una realtà che aiuta e dà rifugio a molti animali.

Fondato nel 2009 da Andrea Cisternino con l’obiettivo di salvare cani e gatti randagi dalla strage ordinata dal governo di allora in occasione degli Europei di calcio, il Rifugio Italia, a una trentina di km da Kiev, ospita circa 400 animali tra cavalli, capre, mucche, pecore e ovviamente cani e gatti.

Durante una diretta di ieri Cisternino ci ha mostrato le file lunghissime per acquistare la benzina e nei supermercati. Durante la notte ha avvertito numerosi spari ed esplosioni.

Sono tante le problematiche che si potrebbe trovare ad affrontare nelle prossime ore e di cui scongiuriamo l’accadere: innanzitutto la paura di essere bombardato e poi la difficoltà di reperire il cibo ed eventuali cure mediche.*

*Per chi volesse saperne di più sul rifugio e, per quello che è possibile, aiutarlo, la pagina facebook del rifugio è questa: https://bit.ly/3v9E0ch

Il sito web invece potete trovarlo qui: http://www.rifugioitaliakj2.org

(Nelle foto, di Andrea Festa: Animals in War di David Backhouse, monumento che si trova a Londra in memoria di tutti gli animali che sono morti in guerra: “They had no Choice”)